lunedì 21 maggio 2018

Storia della penna: da quella d’oca alla biro


La storia della penna quale strumento per scrivere a mano è molto antica. Fin dai tempi più remoti l’uomo ha utilizzato steli di piante per stendere l’inchiostro su papiri e pergamene o steli metallici per incidere su tavolette di cera. Già gli antichi egizi, greci e romani conoscevano queste tecniche, poi con l’avvento della carta cominciarono a essere usate le penne di uccello, dalla punta aguzza al punto da lasciare sulla carta una linea sottile.
Dagli antichi egizi al Medioevo
Possiamo dire che la storia della penna inizia dunque con gli egizi. La prima penna per scrivere qualcosa su un papiro era una cannuccia vuota con una piccola punta che veniva bagnata in una soluzione gommosa, mescolata con polvere di carbone e altre sostanze vegetali: il primo inchiostro con cui furono scritti i geroglifici su papiro. Gli antichi greci e romani invece usavano degli stili di metallo per incidere tavolette ricoperte di cera e steli di piante per stendere gli inchiostri vegetali sulle pergamene.
Il passaggio successivo nella storia della penna avvenne secondo i rilievi storico-archeologici con ogni probabilità tra il V e il VI secolo d.C. quando cominciarono a essere usate le penne di uccello, da cui il nome tramandato fino ai giorni nostri di penna. Dal medioevo in poi si preferì l’uso delle penne d’oca, che per la loro durata e resistenza rimasero il più diffuso strumento per scrivere praticamente fino al 1800. La punta della penna veniva temperata di frequente, come si fa con le moderne matite, e prima di usarla per scrivere doveva essere immersa nel calamaio, una boccetta che conteneva l’inchiostro.
La storia della penna entra nella modernità: la stilografica
La storia della penna entra nell’età moderna nella prima metà del XIX secolo con l’introduzione dei primi pennini metallici: c’era però un problema, la loro rigidità. Fu il giornalista ed editore inglese James Perry (1756-1821) che applicando tagli e forature diede ai pennini l’elasticità necessaria per la scrittura. Si cominciarono così a diffondere pennini d’acciaio montati su canne di legno o avorio che erano usati come le penne d’oca.
I pennini però facevano aderire una maggiore quantità di inchiostro sul foglio. La criticità questa volta era rappresentata dal fatto che spostando il pennino dal calamaio al foglio cadevano gocce d’inchiostro così si studiò di montare il pennino su un cilindro cavo al suo interno, da riempire di inchiostro. Nasceva l’idea della penna stilografica.
La soluzione definitiva per non far perdere inchiostro alle penne è attribuita all’americano Lewis Waterman (1937-1901), di professione assicuratore. Nel 1884, brevettò la sua invenzione che consisteva nell’aggiungere un foro sulla punta della penna in modo da far entrare aria.
Nei primi anni del 1900 venne poi introdotto un serbatoio in gomma che permetteva di ricaricare d’inchiostro la penna immergendo la punta in una boccetta e facendo pressione sul serbatoio per farlo riempire. La penna stilografica, facile da usare e veloce per la scrittura, conoscerà un successo e una diffusione enormi, almeno fino al debutto della penna a sfera.
La penna biro
L’ultima tappa della storia della penna, porta il nome di un’altra persona che la usava per mestiere, il giornalista ungherese, László Biró (1899-1985). Due le sue geniali intuizioni. Birò cominciò a usare per scrivere lo stesso tipo di inchiostro utilizzato per stampare i quotidiani, più denso di quello delle stilo ma anche più veloce ad asciugarsi.
Per usare tale tipo di inchiostro la punta della stilografica non andava bene, così all’estremità della sua penna Biró mise una piccola sfera mobile: la sfera scorre sulla carta raccogliendo inchiostro dalla cartuccia all’interno della penna scrivendo quindi contemporaneamente sul foglio. La penna a sfera, o biro, è economica, maneggevole e praticissima da usare ed era nata per non essere più sostituita da altri strumenti di scrittura a mano.
Oggi la penna è molto meno utilizzata che in passato, possiamo dire che si vive nell’epoca storica in cui le penne “servono meno” in assoluto. Tuttavia nessuna evoluzione tecnologica potrà mai sostituire il piacere di scrivere a mano così come non potrà mai essere sostituita l’originalità e l’eleganza di una penna realizzata artigianalmente, tra l’altro un’idea regalo in genere molto apprezzata un po’ a tutte le età.








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venerdì 18 maggio 2018

La Terra rotonda e Cristoforo Colombo


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Chissà che forma avrebbero i mappamondi da tavolo se ci fosse ancora la credenza sulla terra piatta ?
Oggi è ben noto che la Terra è una sfera, o almeno di forma assai simile a una sfera (c'è un rigonfiamento equatoriale causato dalla rotazione terrestre). Quando Cristoforo Colombo propose di raggiungere le Indie navigando ad ovest della Spagna, era anche lui convinto che la Terra fosse rotonda. L'India era la fonte di spezie preziose e di altre merci rare, ma raggiungerla navigando verso est era difficoltoso, poiché l'Africa bloccava la strada. Su un mondo sferico, tuttavia, sarebbe stato possibile raggiungere l'India anche navigando verso ovest, ed è quello che propose Cristoforo Colombo 
Colombo aveva fatto una sua propria valutazione. Alcuni storici hanno supposto che Colombo abbia usato degli argomenti come quelli di Strabone, ma la dottoressa Fischer ha trovato che le sue affermazioni erano basate su una errata unità di distanza. Colombo usò una stima errata di Tolomeo, che era basata su una definizione tarda di stadio, e, valutando le dimensioni del mondo abitato, confuse il miglio arabo, usato da El Ma'mun, con il miglio romano, su cui è basato il nostro miglio attuale. In ogni caso, la sua stima finale della distanza dell'India era prossima a quella di Strabone.
Alla fine la Regina Isabella scavalcò il parere degli esperti, e il resto è storia. Non sapremo mai se Colombo falsò di proposito i suoi valori per giustificare una spedizione per esplorare l'ignoto, oppure effettivamente credeva che l'India non si trovasse troppo ad ovest della Spagna. Egli, certamente in buona fede, chiamò gli abitanti delle terre scoperte "Indiani", un errore che persiste ancora ai nostri giorni.
Ma noi sappiamo che, se il continente americano non fosse esistito, gli esperti avrebbero avuto ragione: Cristoforo Colombo, con le sue fragili caravelle, non sarebbe mai riuscito ad attraversare un oceano vasto quanto l'Atlantico e il Pacifico messi insieme. Col senno del poi, l'esplorazione dell'ignoto può essere una giustificazione sufficiente!
Ed è un pò grazie appunto a Cristoforo Colombo se da noi in negozio, potete trovare una ampia scelta di mappamondi di vari tipi e dimensioni , oggetti da regalo, piccole bomboniere o di grandi dimensioni per arredare la casa, un classico intramontabile che tutti noi abbiamo o abbiamo avuto in casa.





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martedì 8 maggio 2018

Storia della fabbricazione delle candele


Storia della fabbricazione delle candele
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La storia della fabbricazione delle candele si sviluppò attraverso i secoli in modo indipendente in vari luoghi.
Candele furono fabbricate dai Romani a partire dal 500 a.C. circa. Erano vere candele immerse e fatte di sego. Le prove di candele fatte di grasso di balena in Cina risalgono alla dinastia Qin (221–206 a.C.). In India, la cera ricavata dalla bollitura del cinnamomo era usata per le candele dei templi.
In parti dell'Europa, del Medio Oriente e dell'Africa, dove era prontamente disponibile l'olio delle lampade ricavato dalle olive, la fabbricazione delle candele rimase sconosciuta fino all'inizio del Medioevo. Nei tempi antichi le candele erano fatte in primo luogo con sego e cera d'api, ma nei secoli recenti sono state fatte con lo spermaceti, con grassi animali purificati (stearina) e con la paraffina.
I Romani cominciarono a fabbricare vere candele immerse di sego, a partire da intorno al 500 a.C.[3] Sebbene le lampade ad olio fossero la fonte di illuminazione nell'Italia romana, le candele erano comuni e offerte comunemente come doni durante i Saturnalia (le festività antecedenti al Cristianesimo) 
Dopo il crollo dell'impero romano, le perturbazioni del commercio resero l'olio d'oliva, il più comune combustibile per le lampade a olio, indisponibile in gran parte d'Europa. Di conseguenza, le candele divennero molto più ampiamente usate. Al contrario, in Nord Africa e in Medio Oriente, la fabbricazione delle candele rimase relativamente sconosciuta a causa della disponibilità di olio d'oliva.
Le candele erano comuni in tutta Europa nel Medioevo. I fabbricanti di candele (noti come candelai) fabbricavano le candele dai grassi avanzati in cucina o vendevano le proprie candele da dentro i loro negozi. Nei paesi di lingua inglese il mestiere del candelaio è attestato anche dal nome più pittoresco di smeremongere ("venditore di grasso"), perché sovrintendeva alla fabbricazione di salse, aceto, sapone e formaggio. La popolarità delle candele è dimostrata dal loro uso nella Candelora e nelle festività di Santa Lucia.
Con la crescita della'industria baleniera nel XVIII secolo, lo spermaceti, un olio che proviene da una cavità nella testa del capodoglio, diventò una sostanza largamente usata per la fabbricazione delle candele. Lo spermaceti si otteneva cristallizzando l'olio del capodoglio e fu la prima sostanza per candele a diventare disponibile in quantità massive. Come la cera d'api, la cera di spermaceti non creava un odore ripugnante quando bruciava, e produceva una luce notevolmente più forte. Era anche più dura sia del sego che della cera d'api, così non si ammorbidiva o si piegava nel calore estivo. Le prime "candele tipo" erano fatte con la cera di spermaceti. 
La produzione di candele divenne un mercato di massa industrializzato nella metà del XIX secolo. Nel 1834, Joseph Morgan, un peltraio di Manchester, Inghilterra, brevettò una macchina che rivoluzionò la fabbricazione delle candele. Essa consentiva la produzione continua di candele in stampi usando un cilindro con un pistone mobile per espellere le candele mentre si solidificavano. Questa produzione meccanizzata più efficiente produsse circa 1.500 candele l'ora (secondo il suo brevetto "... con tre uomini e cinque ragazzi [la macchina] produrrà due tonnellate di candele in dodici"). Questo consentì alle candele di diventare una merce facilmente disponibile per le masse. 
In Negozio ovviamente non abbiamo candele chimiche industriali e di bassa qualità come si trovano un pò ovunque, ma abbiamo disponibili candele di altissimo pregio, da quelle artigianali e intagliate a mano, a quelle con le nuove tecnologie specifiche per profumare tutti gli ambienti.




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mercoledì 2 maggio 2018

La Storia delle Damine Goldoniane


Le Damine Goldoniane
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La storia delle damine Goldoniane. Carlo Osvaldo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio 1793) è stato un drammaturgo, scrittore, librettista e avvocato italiano, cittadino della Repubblica di Venezia.
L'intera opera goldoniana si offre come un'ininterrotta serie di situazioni, si svolge attraverso un "quotidiano parlare", ad una attenta rappresentazione del reale, volta a riportare nel teatro proprio quella realtà che il fenomeno della commedia dell'arte, attraverso la propria degenerazione, aveva allontanato.
Passando continuamente dall'Italiano al veneziano e viceversa, Goldoni dà spazio a diversi usi sociali del linguaggio, in base alle varie situazioni in cui vengono a trovarsi i personaggi delle sue opere. Il suo italiano, influenzato dal veneziano e caratterizzato da elementi settentrionali, è quello del mondo borghese, lontano dalla purezza della tradizione classicistica toscana. Il dialetto veneziano non è per Goldoni uno strumento di gioco, ma un linguaggio concreto e autonomo, diversificato dagli strati sociali dei personaggi che lo utilizzano.
Carlo Goldoni deve la sua fama, oltre che alle diverse opere che scrisse, alla riforma del teatro. Prima della riforma "goldoniana" esisteva un altro tipo di teatro: la commedia all'improvviso, nella quale gli attori non avevano un testo scritto da studiare e da seguire durante la rappresentazioni bensì solo una traccia generale da seguire, detta canovaccio. Carlo Goldoni fu il primo a volere un testo interamente scritto per ogni attore. Nel 1738 compose un'opera di cui scrisse per intero la parte del protagonista (il momolo cortesan) e, nel 1743 mise in scena la prima opera teatrale con un testo interamente scritto (la donna di garbo).
Tra il 1760 ed il 1762, Goldoni scrisse alcune commedie di ambientazione veneziana che costituiscono dei veri capolavori: I rusteghi (1760), La casa nova (1760), Sior Todero brontolon (1762), Le baruffe chiozzotte (1762) e Una delle ultime sere di carnovale (1762). In tali commedie, l'esperienza artistica di Goldoni è ormai matura nel rappresentare le tipiche figure Venziane, con misura ed acume, lo scontro tra generazioni e tra caratteri e la ricerca di un ordine improntato ad una ragionevole moralità. In queste grandi commedie di carattere e di ambiente la realtà si concretizza, i caratteri si precisano.
Il Cavaliere e la Dama in Vetro di Murano rappresentano le tipiche "Figure Goldoniane" sono sculture realizzate a mano libera e curate nei minimi dettagli da esperti maestri vetrai che grazie alla loro esperienza realizzano questi oggetti unici ed affascinanti. Ciascuna di queste figure Goldoniane è realizzata in vetro decorato con oro 24Kt. e contornate da altro vetro di color cristallo per creare un contrasto netto ed accentuarne i dettagli; fedelmente riprodotte sono uno splendido regalo per ogni tipo di ricorrenza. Tutte le nostre “Damine Goldoniane” in Vetro di Murano sono dotate di Certificato di Garanzia.



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