sabato 22 novembre 2014

La Civetta portafortuna



Al contrario di quanto si creda attualmente, il gufo e la civetta sono animali che portano fortuna.
Il gufo è considerato a torto uccello del malaugurio, solo perché preferisce vivere appartato e star sveglio di notte. In realtà è il simbolo della saggezza e della sapienza: nel Medioevo gli studenti sostenevano gli esami portando addosso amuleti a forma di gufo.
Secondo la leggenda, un tempo era un uccello diurno dalla splendida voce. Ma dopo aver assistito alla morte di Gesù sul Golgota, odiò la luce del sole e soffocò il suo canto soave, tramutandolo in singhiozzo per la morte del figlio di Dio.
Le civette, oltre a portare fortuna, possono anche essere sinonimo di protezione. Nei tempi antichi, inchiodandone una morta sullo stipite della porta dei fienili o sotterrandone una davanti alla porta di casa si credeva che questa tenesse lontano il male.
In alcuni posti si usava anche cucire una piuma di civetta sul vestito delle spose come portafortuna, e in molte case c’era il cosiddetto “crepuscolo del mattino”, cioè un foro praticato subito sotto il tetto che serviva come nido per le civette, che così sarebbero state riconoscenti per l’ospitalità ed avrebbero tenuto lontano il male.



C'è anche un'altra leggenda che dice:

"Narra la leggenda popolare che, Dio, creò il mondo con tutti gli animali, ma che poi, riguardando il gufo, un po’ si pentì di averlo fatto così strano, con occhi così grandi, abitudini bizzarre e notturne. Allora, gli volle fare un grande dono: sarebbe diventato l’animale della buona sorte, quello che avrebbe sempre portato con se i buoni auspici per migliorare la vita di coloro che se lo sarebbero tenuto vicino, senza averne paura".

Così si racconta anche in una antica filastrocca popolare di montagna:

“Gufo, gufo della notte scura, che porti via fame e paura.. veglia su tutte le nostre genti, vecchi, bimbi e sugli armenti. Col tuo canto, che può far paura, proteggi gli amici con madre natura... Fate, gnomi fastidiosi folletti, non potranno più farci dispetti.”


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